Progetto AUT Evolution

Vedi il servizio del TG RAI del 31 marzo 2025 di presentazione del progetto cliccando QUI

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I bisogni espressi dalle famiglie di Cascina San Vincenzo e del territorio in questi ultimi anni si sono allargati in funzione della crescita dei ragazzi includendo quindi la dimensione abitativa e del lavoro. Inoltre, si allunga sempre più la lista di attesa delle famiglie che, a settembre2025 ha raggiunto quota 236.
La consistenza della lista di attesa, oltre a confermare l’esigenza sul territorio (non solo di Monza e Brianza), rappresenta anche quanto il lavoro di Cascina San Vincenzo sia riconosciuto dalle famiglie (ma anche dagli operatori specializzati del territorio) per la sua qualità, la metodologia di intervento e per il modello di accoglienza della famiglia tout-court (non solo per l’erogazione di prestazioni di qualità).
Di conseguenza nel piano di sviluppo per il quinquennio 2023-2028 l’Associazione si è posta l’obiettivo di “non lasciare indietro nessuno” cercando di individuare le risposte ai bisogni espressi dalle famiglie e dal territorio. Gli attuali spazi a disposizione di Cascina San Vincenzo risultano insufficienti per rispondere a quanto sopra descritto. Il consiglio direttivo ha quindi accolto con
favore, e come sfida, la proposta dell’amministrazione comunale di Concorezzo di prendere in concessione il bene confiscato alla criminalità oggetto della presente iniziativa progettuale. Una sfida di non poco conto sia per la dimensione dell’area, per l’ampliamento e rafforzamento dei servizi e per l’investimento economico finanziario necessario.

Il bene oggetto di intervento è un’area confiscata alla criminalità organizzata e ceduta in concessione dal comune di Concorezzo all’associazione Cascina San Vincenzo. L’area, un ex deposito di materiale ferroso con una piccola attività di fonderia, si trova al margine dell’area industriale di Concorezzo, in via Primo Maggio n°1 in un contesto residenziale e in prossimità del Comune di Monza e si sviluppa su una superficie di 6.800 mq. Si affaccia su un’arteria di grande traffico viabilistico, con esercizi commerciali dell’industria automotive (in prevalenza concessionari d’auto), che conduce allo stadio di Monza. Gli edifici presenti constano di un vecchio manufatto abitativo sviluppato su due piani (circa 400mq di slp), quattro capannoni industriale fatiscenti, un nuovo manufatto (realizzato dall’amministrazione comunale, circa 60mq) come deposito dato in uso alla Caritas diocesana.  L’area è raggiungibile con due linee di mezzi pubblici una sulla direttrice Cologno Nord – Trezzo e l’altra di collegamento con la stazione FS di Monza. Le rispettive fermate si trovano a circa 150mt dalla sede dell’intervento. Ci troviamo quindi in un contesto periferico di Concorezzo facilmente accessibile sia con il trasporto pubblico che con l’auto, ed attrezzato con vari servizi commerciali.

La concessione a Cascina San Vincenzo

La concessione, in uso gratuito dell’area, è regolata in forza dell’art. 48 del D. Lgs. n. 159/2011 e del Codice del Terzo Settore (D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117) strumenti che regolano la disponibilità, le funzioni, i rapporti con Enti del Terzo Settore e l’utilizzo del bene per finalità istituzionali o sociali. La concessione ha durata di anni 30 (con decorrenza dal 28 maggio 2024), con possibilità di proroga. È previsto l’uso degli spazi anche a favore di altri Enti del Terzo Settore in accordo tra l’Cascina San Vincenzo e l’amministrazione. 

Economia circolare e rigenerazione territoriale

Le linee guida dell’intervento di riqualificazione si pongono con un approccio sostenibile sia nella dimensione ambientale che sociale. Ci si è posti l’obiettivo di un intervento in grado di riutilizzare materiale e manufatti esistenti e di conseguenza operare adottando un modello di economia circolare. Infatti, il progetto architettonico recupera e amplia un ex-padiglione dell’Equador utilizzato durante l’evento dell’expo 2015 di Milano, tra l’altro in linea con gli obiettivi dell’allora Expo milanese.

Il tema dell’economia circolare non si ferma al riutilizzo del padiglione ma si allarga anche al recupero di arredi (molte le aziende che, nel riqualificare i propri spazi, ci hanno offerto i loro arredi in buono stato e non più a loro utili e funzionali). Questi recuperi ci consentono, tra l’altro, di abbassare i costi di intervento dell’iniziativa. L’impegno quindi del disegno architettonico è quello di organizzare gli spazi con l’utilizzo di materiale usato e in buono stato funzionale alle attività previste. Ne diviene naturale, da un punto di vista progettuale e impiantistico, sviluppare un intervento che sia in grado di abbattere i consumi energetici con un basso impatto ambientale (fotovoltaico e geotermia).

L’intervento di recupero di un’area ex-industriale dismessa e per di più confiscata alla criminalità organizzata, ci consente di inserirlo con piena legittimità nel campo delle azioni di rigenerazione urbana e territoriale, restituendo alla comunità un bene inutilizzato con una funzione pubblica e sociale.

 Il senso e il significato delle funzioni

Il progetto si pone nell’alveo del paradigma del welfare di comunità. SI tratta quindi di una progettualità tesa a rendere protagonista la società civile nel farsi carico e contribuire al generare risposte ai bisogni del territorio. Si innesta in una logica di sussidiarietà circolare dove gli attori e le organizzazioni della comunità locale (amministrazione, imprese tradizionali, enti del terzo settore, cittadini) contribuiscono, una logica cooperativa, alla produzione del benessere comune della comunità locale. A questo paradigma si ispira la progettualità di AUT Evolution.  

Si tratta quindi non solo di offrire servizi sociali e sociosanitari alla popolazione di soggetti nello spettro autistico, ma di sollecitare la partecipazione dei diversi attori, a partire dalle famiglie con ragazzi autistici, nel contribuire, in una dimensione di corresponsabilità, al bene comune. Il progetto quindi guarda, a partire dai bisogni delle famiglie con figli autistici, ad ampliare il ventaglio di risposte ai bisogni della comunità locale. La strategia individuata è quella di un’articolazione di funzioni tra lo loro diverse ma finalizzate alla costruzione di un luogo di comunità. Con forza vogliamo sottolineare che l’approccio che utilizziamo non ha l’intenzione di realizzare un intervento per la comunità dei cittadini ma di un intervento con la comunità di cittadini. Riteniamo fondamentale questa dimensione al fine di attivare processi di inclusione sociale dei ragazzi autistici, di dare una risposta integrata, di non confinare l’autismo ad un’isola felice o infelice, ma che l’autismo è di tutti. E in questo caso l’autismo può diventare una risorsa e un innesco per la comunità e i cittadini e non un problema, dal momento in cui il progetto diventa un oggetto partecipato e che può accogliere bisogni e risposte della comunità locale nelle sue diverse articolazioni (giovani, famiglie, anziani) La nostra vuole essere una funzione, che, partendo da un bisogno specifico, sviluppa benessere, inclusione, partecipazione e corresponsabilità. La strategia dell’articolazioni delle funzioni che intendiamo insediare (cura, abitare, lavoro, formazione, cultura, socialità) risponde alla sfida di fare di AUT Evolution un luogo aperto, bello (la qualità degli spazi è fondamentale), visibile, piacevole, transitato da persone, organizzazioni, imprese: un luogo e un patrimonio della comunità.  

Le funzioni e il loro obiettivi

Di seguito una tabella che rappresenta le funzioni individuate per il progetto AUT-Evolution e l’obiettivo attribuito ad ogni funzione al fine di contribuire alla realizzazione di una iniziativa che, in via prioritaria, risponde ai bisogni delle famiglie con figli autistici nel tentativo di ridurre la lista d’attesa che oggi ci troviamo ad avere. Risponde anche alle necessità delle famiglie di progettare dei percorsi di autonomia e di vita autonoma per i loro figli. Le funzioni individuate devono anche rispondere al nostro modello di intervento che prevede un processo di integrazione sociale, di risposta ai diversi bisogni della comunità e che sia di apertura al territorio al fine di non rendere il progetto un’iniziativa isolata e che possa, in qualche misura, contribuire ad abbattere i pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità. Persone che hanno le loro necessità, bisogni ma soprattutto desideri.